La Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi (c.d. Banking Resolution and Recovery Directive, di seguito la “Direttiva BRRD”), individuando i poteri e gli strumenti che le Autorità nazionali preposte alla risoluzione delle crisi bancarie (c.d. “resolution Authorities”, di seguito le “Autorità”) possono adottare per la risoluzione di una situazione di dissesto ovvero di rischio di dissesto di una banca.
Ciò al fine di garantire la continuità delle funzioni essenziali della banca, riducendo al minimo l’impatto del dissesto sull’economia e sul sistema finanziario nonché i costi per i contribuenti ed assicurando che gli azionisti sostengano le perdite per primi e che i creditori le sostengano dopo gli azionisti, purché nessun creditore subisca perdite superiori a quelle che avrebbe subito se la banca fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza. L’applicazione degli strumenti di risoluzione previsti dalla Direttiva BRRD può avere come conseguenza per gli investitori, in determinate situazioni, la perdita totale o parziale del proprio investimento.
In data 16 novembre 2015 sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale i Decreti Legislativi n. 180 e n. 181 del 16 novembre 2015 (di seguito i Decreti BRRD) attuativi della Direttiva 2014/59/UE che sono entrati in vigore in data 16 novembre 2015, fatta unicamente eccezione per le disposizioni relative allo strumento del “bail-in”, come di seguito descritto, per le quali è stata prevista l’applicazione a partire dal 1 gennaio 2016. Peraltro, le disposizioni in materia di “bail-in” potranno essere applicate agli strumenti finanziari già in circolazione, ancorché emessi prima della suddetta data.
Tra gli strumenti di risoluzione che potranno essere utilizzati dalle Autorità è previsto il citato strumento del “bail-in” ossia il potere di riduzione, con possibilità di azzeramento del valore nominale, nonché di conversione delle passività in azioni computabili nel capitale primario di classe 1.
Pertanto, con l’applicazione del “bail-in”, gli investitori si ritroverebbero esposti al rischio di veder ridotto, azzerato, ovvero convertito in capitale il proprio investimento, in via permanente, anche in assenza di una formale dichiarazione di insolvenza dell’Emittente.
Inoltre, le Autorità avranno il potere di cancellare le passività e modificarne la scadenza, l’importo degli interessi pagabili o la data a partire dalla quale tali interessi divengono pagabili, anche sospendendo il pagamento per un periodo transitorio.
Nell’applicazione dello strumento del “bail-in”, le Autorità dovranno tenere conto della seguente gerarchia:
(i) innanzitutto dovranno essere ridotti gli strumenti rappresentativi del capitale primario di classe 1 (c.d. Common Equity Tier 1);
(ii) se quanto sopra previsto non fosse sufficiente dovrà essere ridotto o convertito in capitale primario di classe 1 il valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (c.d. Additional Tier 1 Instruments);
(iii) se quanto sopra previsto non risultasse sufficiente dovrà essere ridotto o convertito in capitale primario di classe 1 il valore nominale degli strumenti di classe 2 (c.d. Tier 2 Instruments);
(iv) se quanto sopra previsto non risultasse sufficiente dovrà essere ridotto o convertito in capitale primario di classe 1 il valore nominale dei debiti subordinati diversi dagli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 e dagli strumenti di classe 2, conformemente alla gerarchia dei crediti nella procedura ordinaria di insolvenza;
(v) infine, ove le misure sopra descritte non fossero sufficienti, dovrà essere ridotto o convertito in capitale primario di classe 1 il valore nominale o l’importo delle restanti passività, ivi incluse le obbligazioni non subordinate (senior).
Nell’ambito delle “restanti passività”, il “bail–in” riguarderà prima le obbligazioni contrattuali senior (compresi i depositi ma fatta eccezione per quelli di persone fisiche, microimprese, piccole e medie imprese) e poi i depositi (per la parte eccedente l’importo di € 100.000) di persone fisiche, microimprese, piccole e medie imprese ed i medesimi depositi di cui sopra effettuati presso succursali extracomunitarie dell’Emittente. Inoltre si segnala che dal 1 gennaio 2019, tutti i depositi che eccedono l’importo di € 100.000, non detenuti da persone fisiche o piccole medie imprese, saranno preferiti rispetto alle obbligazioni contrattuali senior.
Tra le “restanti passività” rientrano a titolo esemplificativo e non esaustivo anche le passività legate ad operazioni nascenti da contratti finanziari (per esempio operazioni di Pronti Contro Termine) e da contratti derivati di cui è parte la Banca .
A fini meramente esplicativi e non esaustivi, si riporta di seguito uno schema che rappresenta la suddivisione delle passività presenti e future dell’Emittente, dal grado di subordinazione più alto a quello più basso.
- Capitale primario di Classe 1 (Common Equity Tier I)
- Capitale aggiuntivo di Classe 1 (Additional Tier I)
- Capitale di Classe 2 (ivi incluse le Obbligazioni Subordinate Tier II)
- Debiti subordinati diversi dal Capitale aggiuntivo di Classe 1 e Classe 2
- Restanti Passività ivi incluse le OBBLIGAZIONI NON SUBORDINATE (Senior) non assistite da garanzie (compresi i depositi - ma fatta eccezione per quelli di persone fisiche, microimprese, piccole e medie imprese - fino al 1 gennaio 2019), oltre che le passività legate ad operazioni nascenti da contratti finanziari (per esempio operazioni di Pronti Contro Termine) e da contratti derivati di cui è parte la Banca
- DEPOSITI PER LA PARTE ECCEDENTEL’IMPORTO DI € 100.000 di:
o persone fisiche, microimprese, piccole e medie imprese;
o di persone fisiche, microimprese, piccole e medie imprese effettuati presso succursali extracomunitarie delle banche;
o dal 1 gennaio 2019, gli altri depositi presso l’Emittente.
Non rientrano, invece, nelle “restanti passività” e restano pertanto escluse dall’ambito di applicazione del “bail-in” alcune categorie di passività indicate dalla normativa, tra cui i depositi fino a € 100.000 (c.d. “depositi protetti”) e le “passività garantite” definite dall’art. 1 del citato D. Lgs. n. 180 del 16 novembre 2015 come “passività per la quale il diritto del creditore al pagamento o ad altra forma di adempimento è garantito da privilegio, pegno o ipoteca, o da contratti di garanzia con trasferimento del titolo in proprietà o con costituzione di garanzia reale, comprese le passività derivanti da operazioni di vendita con patto di riacquisto”, comprendenti, ai sensi dell’art. 49 del citato D. Lgs n. 180, anche le obbligazioni bancarie garantite di cui all’art. 7 bis L. n. 130/99 e le passività derivanti da contratti derivati di copertura dei rischi dei crediti e dei titoli ceduti a garanzia delle obbligazioni. Parimenti non rientrano nelle “restanti passività” e restano pertanto escluse dall’ambito di applicazione del “bail -in”: (i) qualsiasi obbligo derivante dalla detenzione da parte della Banca sottoposta a risoluzione di disponibilità dei clienti, inclusa la disponibilità detenuta nella prestazione di servizi e attività di investimento e accessori ovvero da o per conto di organismi d'investimento collettivo o fondi di investimento alternativi, a condizione che questi clienti siano protetti nelle procedure concorsuali applicabili; (ii) qualsiasi obbligo sorto per effetto di un rapporto fiduciario tra l'ente sottoposto a risoluzione e un terzo, in qualità di beneficiario, a condizione che quest'ultimo sia protetto nelle procedure concorsuali applicabili.
Lo strumento sopra descritto del “bail-in” potrà essere applicato sia individualmente che in combinazione con gli altri strumenti di risoluzione previsti dalla normativa di recepimento quali:
(i) cessione di beni e rapporti giuridici ad un soggetto terzo;
(ii) cessione di beni e rapporti giuridici ad un ente-ponte;
(iii) cessione di beni e rapporti giuridici ad una o più società veicolo per la gestione dell’attività.
Tali ultimi strumenti di risoluzione potranno comportare, pertanto, una novazione soggettiva del rapporto giuridico tra Emittente ed investitore (con sostituzione dell’originario debitore, ossia l’Emittente, con un nuovo soggetto giuridico) senza necessità di un previo consenso di quest’ultimo ed il trasferimento delle attività e passività dell’originario debitore, con conseguente possibile rimodulazione del rischio di credito per gli investitori.
Fatto salvo quanto sopra, in circostanze eccezionali, quando è applicato lo strumento del “bail-in”, l’Autorità potrà escludere, in tutto o in parte, talune passività dall’applicazione del “bail-in” (art. 49 comma 2 del Decreto Legislativo n. 180 del 16 novembre 2015), in particolare allorché:
(i) non è possibile sottoporre a “bail-in” tale passività entro un tempo ragionevole;
(ii) l’esclusione è strettamente necessaria e proporzionata per conseguire la continuità delle funzioni essenziali e delle principali linee di operatività nonché per evitare un contagio che potrebbe perturbare gravemente il funzionamento dei mercati;
(iii) l’applicazione dello strumento del “bail-in” a tali passività determinerebbe una distruzione di valore tale che le perdite sostenute da altri creditori sarebbero più elevate che nel caso in cui tali passività fossero escluse dal “bail-in”.
Pertanto, nel caso in cui sia disposta l’esclusione dal “bail-in” di alcune passività, è possibile che le perdite che tali passività avrebbero dovuto assorbire siano trasferite ai titolari delle altre passività soggette a “bail -in” mediante la loro riduzione o conversione in capitale. In tale scenario, la salvaguardia prevista dall’articolo 75 della Direttiva BRRD non potrebbe assicurare alcuna protezione dato che tale norma è volta esclusivamente a fornire una compensazione per le perdite subite dai creditori limitatamente alla parte che eccede le perdite che avrebbero subito nel contesto di una liquidazione attivata con procedura ordinaria di insolvenza.
Inoltre, sostegni finanziari pubblici a favore di una banca in crisi potranno essere concessi solo dopo che siano stati applicati gli strumenti di risoluzione sopra descritti e alla condizione che vi sia un contributo per l’assorbimento delle perdite e la ricapitalizzazione per un importo non inferiore all’8% delle passività totali, inclusi i fondi propri, dell’ente calcolate al momento dell’azione di risoluzione e ciò sia subordinato all’approvazione finale ai sensi della disciplina degli aiuti di Stato a livello europeo.